Tra user experience ed esperienze umane
La grappa la volete?
A Pasquetta mi è successa una cosa di quelle che non ci volevo credere. Ve la racconto.
Lunedì mattina io e un’amica decidiamo di andare a fare un giro a Verona e di fermarci lì per pranzo.
Lascio scegliere a lei il ristorante. Un locale elegante, raffinato, in pendant con il suo look total white. Avrei preferito una cosa più spartana, ma mi fido. Entriamo, ordiniamo, mangiamo e secchiamo una bottiglia di bollicine in due. Niente caffé.
Ci facciamo portare il conto e qui arriva il bello.
Il cameriere ci chiede “La grappa la volete?” Se uno ve la mette giù così, voi cosa pensate: che ve la offre, giusto? Eh no! Da sgamato uomo di business e fiero delle sue doti comunicative, con il conto e la carta di credito in mano, se ne esce con questa frase “Si ma poi ve la segno sul conto”.
Vi giuro: non sapevo se alzarmi in un’ovazione di infinito sarcasmo o mandarlo a cagare.
Ma come? Verona, la patria della grappa, imprinting veneto nelle fondamenta, città dove l’Adige si mescola alla gradazione alcolica! Avrei voluto andare alla cassa e parlare con il proprietario, se nonché, il proprietario era lui: quel cameriere incapace. No, vabbeh. Ci rinuncio. Paghiamo e ce ne andiamo, senza grappa ovviamente.
Per tutto c’è Mastercard. Il resto sono esperienze.
Non è la prima volta che qualcosa va storto nel servizio o in un’uscita al ristorante. Sono cose che succedono un po’ ovunque e un po’ a tutti; ma perché allora mi ha scioccato così tanto? Nel mio solito processo di overthinking, sono arrivato a queste conclusioni. Disclaimer per gli ottimisti: quelle che seguiranno sono considerazioni dallo spirito critico e polemico. Quelle positive le ho scartate perché, secondo la logica dei media, attirano meno audience.
Fatte queste doverose premesse, mi tuffo a capofitto nella tesi gne gne.
Ve lo ricordate lo slogan “Per tutto il resto c’è mastercard?” Bene, questo “tutto il resto” riferito agli acquisti online, facili , veloci, volti a soddisfare un bisogno in maniera immediata è diventato “Il tutto”. Acquistiamo quotidianamente da qualsiasi piattaforma e-commerce qualsiasi tipo di prodotto o servizio, stando comodamente seduti a casa o nelle pause di lavoro o in macchina in attesa che scatti il verde.
Per quanto si possa ottimizzare la user experience, non si può dire che si tratti di un’esperienza.
Quella la si fa in negozio, in un ristorante, in un albergo; a patto che le guide, commessi, camerieri o assistenti siano all’altezza del ruolo.
Qui il bisogno da soddisfare non è immediato. Vogliamo strisciare la carta felici di esserci gustati le cose, di portarci a casa relax, benessere, paesaggi e belle persone.
Credo che questo sia ancora l’unico trigger che fa la differenza e che permetterà alle attività “di contatto con il pubblico” di sopravvivere al delivery.
Dall’esperienza fisica ci attendiamo il massimo
Sono convinto che stiamo sempre più andando verso la disintermediazione estrema degli acquisti.
Questo ci consente di evitare frizioni, contatti inutili con persone che non conosciamo e che non vorremmo mai incrociare quando il nostro mood ha una leggera sfumatura criminale del fine giornata. Ma questo significa anche aspettarsi il massimo dall’esperienza fisica. Altrimenti perché ci sarei rimasto così male per l’ennesimo servizio merdoso di un ristorante di una città iper turistica?
Ancora una volta sono le persone che fanno la differenza in questo mondo.
E se il servizio deve essere quello di Pasquetta a sto punto il pranzo me lo faccio portare a casa.